• Settembre 11, 2016

Stato-Mafia: una storia tutta italiana

Stato-Mafia: una storia tutta italiana

Quando certe verità possono risultare scomode la paura di intaccare il sistema diventa un vero è proprio affare di Stato e di mafia. Un sistema che apparentemente non trovi la cura giusta per essere estirpata, infatti in molti hanno provato a contrastare questo sistema senza alcun successo anzi quelli che ci hanno provato sono stati lasciati soli rimettendoci la propria vita.

Lasciati soli dallo Stato che aveva il dovere di proteggere e sostenere le azioni di tutti gli EROI che hanno dato un senso di legalità, un senso di Stato vero. Un tempo le mafie scorrevano tra i vicoli dei propri territori di appartenenza dove il “rispetto” veniva tramandato di padre in figlio e Cosa Nostra non esisteva solo perché non aveva un nome ma che riusciva lo stesso ad uccidere e sottomettere la vita del suo territorio, della sua regione, che da decenni non ha ancora conosciuto il nome dei suoi aguzzini.

Eppure la mafia, questa Holding ramificata in ben cinque continenti con un fatturato annuo di ben 54 mld di euro cioè il 3,4% del PIL del nostro Paese, ancora oggi trova libero scambio di compiacenze imprenditoriali e commerciali attraverso il potere politico che attanaglia sistematicamente l’Italia.

Una vera spa del crimine organizzato nata più di 100 anni fa dedita a vigilare, controllare e programmare tutto e tutti avendo il potere di morte ovunque. Ma per maneggiare e riciclare enormi flussi di denaro e di potere bisogna affidarsi a dei veri professionisti, e quale occasione migliore entrare in affari con le istituzioni attraverso le associazioni, il clero e, sopratutto, l’aiuto di uomini politici.

L’entrata della mafia nello Stato apre i propri affari in altre regioni italiane macchiando di fatto il buon nome di una delle più belle nazioni del globo: l’Italia. Il potere esorbitante della mafia introduce il suo virus criminale persino nelle banche, infatti l’inchiesta che coinvolse il Monte Paschi di Siena svelò presunti affari finanziari legati ad esponenti legati alle cosche.

Linee milionarie di credito aperte con l’aiuto di Senato e del Consiglio di Stato dove a semplici imprenditori era impossibile ottenere. Inchiesta che ha visto numerosi protagonisti della politica italiana e noti imprenditori. Ma la vicenda che rimarrà nella storia italiana, appartiene alle intercettazioni celate tra l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e l’ex ministro Nicola Mancino.

Quell’interesse del Presidente Napolitano, o meglio quella richiesta espressa da Mancino al Quirinale di intervenire sulla questione Stato-Mafia per ottenere che le indagine a suo carico fossero alleggerite grazie appunto alle pressioni segrete da parte del Quirinale al Procuratore Generale della Cassazione. Stranamente il Quirinale, invece di consigliare l’indagato a rivolgersi nelle sedi competenti per farsi ascoltare, senza alcun potere va avanti nell’esercizio delle loro funzioni in favore di Mancino.

Addirittura l’imbarazzante attacco alla Procura di Palermo da parte dell’ex Napolitano e del suo Consigliere di pretendere la distruzione preventiva delle registrazioni telefoniche, appare tanto imbarazzante quanto paradossale, rimarrà un neo indelebile sulla condotta di chi doveva essere il garante della Costituzione.

Risulta ancora più assurda l’ordinanza della Corte D’Assise presieduta dal giudice Alfredo Moltalto che nel 2014 decide di respingere la richiesta degli imputati Totò Riina e Leoluca Bagarella di assistere al processo Stato-Mafia, nonostante la Procura di Palermo aveva dato il suo consenso, in quella occasione l’ex Presidente venne ascoltato semplicemente come teste.

In questi ultimi giorni la volontà di riaprire il caso rimasto deliberatamente “sospeso nel vuoto” è stato fortemente contrastato da poteri occulti invitando al silenzio assoluto. Ma la volontà di portare a galla la verità sulla vicenda Stato-Mafia non ha intimorito nessuno, anzi ha incuriosito e dato ancor più stimolo alla ricerca della verità.

Perché “Chi tace e piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una sola volta.” cit. G.F.

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