• Settembre 14, 2016

L’acqua un Bene Comune non un Business per Pochi

L’acqua un Bene Comune non un Business per Pochi

La bomba è scoppiata in primavera ma la denuncia risale a più di dieci anni fa quando un funzionario dell’USL scoprì che l’acqua potabile nella provincia vicentina, dai test eseguiti in laboratorio, risultava inquinata da sostanze perfluoroalchiliche (PFSA). In merito alla percentuale di purezza delle acque, dunque, è al vaglio delle analisi scientifiche condotte dagli esperti ai quali la Regione Veneto ha dato il mandato di condurre le indagini dovute.

Ma nonostante l’ennesimo sistema di omertà, e se non fosse che in questa brutta storia l’odore è assai legato allo squallore dello scambio di bustarelle, al momento tutte le notizie inerenti all’inchiesta sono legate al filo del colpo di scena. Ma questo ennesimo scandalo ambientale dai risvolti disastrosi per la salute e il territorio di tutta la comunità veneta è destinata a far parlare di sé per molto tempo.

Questa sostanza chimica PFSA è un composto di sostanze chimiche dette acido perfluoroottanoico (PFOA) e acido perfluoroottansulfonico (PFOS) principalmente utilizzate per rendere resistente ai grassi e all’acqua materiali come tessuti, tappeti, carta e pelli, nonché rivestimenti per contenitori alimentari usati prevalentemente in abito industriale e civile.

Dunque parliamo di componenti talmente tossici che se non sono regolarmente monitorati possono essere rivelati nell’aria, nel terreno e, appunto, nell’acqua in relazione allo smaltimento che li contengono. Proprio in questi giorni alcune falde acquifere, prese a campione nel circondario castellanese di Montecchio Maggiore in provincia di Vicenza, sono state poste a controlli e dai primi rilievi rinvenuti dalle analisi hanno dato risultati devastanti.

In fatti i controlli non eseguiti negli anni da parte delle autorità di competenza, nonostante le prime denunce del promotore di questa orrenda vicenda, è stato il vero male di questa terra che ha consentito l’inquinamento di falde acquifere creare conseguenze irreversibili sulla salute e sull’ambiente.

Intanto la patata bollente di risolvere la situazione in totale autonomia è stata girata ai comuni, e non si comprende come l’attuale amministrazione regionale veneta abbia scelto la via del silenzio nonostante il forte sospetto della presenza di molteplici illeciti.

A rende ancora più imbarazzante tutta la vicenda è la predisposizione della Procura di Vicenza nel trascurare le denunce pervenute dal 2005 sui rilievi eseguiti sulle falde acquifere ancora oggi inquinate. Tutto questo lascia presupporre che siamo davanti all’ennesimo e sistematico illecito tra amministrazioni locali e industrie.

Il dispotico comportamento nei confronti di chi per primo aveva scoperto un grande disastro ambientale e il disinteressamento della politica che, forse, ha preferito coltivare affari economici sul territorio più che salvaguardare l’ambiente e la salute dei cittadini, mostra ancora una volta di come questa Italia sia davvero vulnerabile dinnanzi alla salvaguardia delle vita umana.